Partiamo dal presupposto che in pasticceria, quando si parla di cacao, ci riferiamo solo ed esclusivamente al cacao AMARO. Il cacao zuccherato non lo prendiamo in considerazione perché non è puro ma addizionato con zucchero (che può arrivare anche a 63 gr su 100 gr) o altri elementi. Ragion per cui, non chiedetemi come bilanciare il cacao in polvere con note marche di cacao zuccherato!!
Ricco di antiossidanti, tripofano e serotonina, fibre e proteine, è un prezioso aiuto non solo in cucina ma anche (nelle dosi consentite) per la nostra alimentazione.
La storia del cacao
La storia del cacao viene inaugurata nel 1519, quando il condottiero spagnolo Cortès parlò di una bevanda ottenuta da un frutto ridotto in polvere e usata al posto del vino, talmente pregiata da essere usata al posto della moneta e passando poi per Giovanni Battista Ramusio che ne descrisse addirittura il procedimento di macinazione e come poi venisse ottenuta una spuma a contatto con l’acqua. La produzione avveniva inizialmente con il lavoro manuale ma è solo nel 1828, col chimico olandese Conrad Van Houten che si potè separare meccanicamente il grasso dalla polvere presente nei semi.
Capitale italiana del cioccolato è Torino, dove comparve già nel 1563. La produzione industriale, però, non avvenne prima del 1800. Il brevetto per la macchina a vapore fu acquistato da Caffarel, che iniziò la produzione dei primi cioccolatini sciolti (givu) dai quali venne poi creata una pasta arricchita di nocciole, più lunga e più morbida del givu. Nacquero così i gianduiotti che prendono il nome dalla maschera GianduJa, chiamata a giudicare la qualità del prodotto… ma questa è un’altra storia!
Esistono 3 specie di piante di cacao. Il criollo, destinato a produzioni pregiate ma particolarmente delicato, il forastero, di qualità comune ma molto resistente, e il trinitario, un ibrido delle due qualità precedenti.
Come nasce il cacao?
Le fave di cacao all’interno hanno una polpa inodore e incolore. Durante la fermentazione acquistano il colore a l’aroma tipici del cacao. Vengono fatte essiccare e pulite da elementi esterni. In questa fase si scartano le fave troppo piccole o non ritenute buone. Quindi si procede alla tostatura, esattamente come per il caffè. Qui, inoltre, il cacao rilascerà ulteriori aromi. L’ultima fase è la raffinazione, in cui vengono separate la buccia e il germe.
Ma è con la spremitura che le fave di cacao diventano una pasta, resa morbida dall’alta percentuale di grassi presenti. Questa è la massa di cacao.
La massa grassa viene sciolta e si separano il burro di cacao dal cacao solido (la polvere di cacao).
Durante la pressatura delle fase tostate, a volte viene aggiunto un correttore di acidità, il carbonato di potassio, (potassatura o alcalinizzazione del cacao) per avere un prodotto finito con un ph più alto e un gusto più “cioccolatoso”. Il cacao alcalinizzato è meno amaro e più solubile di quello naturale ma, ovviamente, le proprietà nutrizionali sono un po’ ridotte.
Il ph del cacao
Il cacao passerà da un ph di 5-6 fino a 7-8 in base all’alcalinizzazione desiderata. Nessun problema dal punto di vista della salute perché anche con un ph 8 è ritenuto sicuro per l’uso alimentare.
Quali sono i problemi che può dare un cacao con un ph elevato? Semplice! Se il cacao è stato alcalinizzato, non reagisce col bicarbonato. Per cui, se una ricetta prevede il bicarbonato come agente lievitante e vogliamo usare un cacao con ph 7-8, aggiungeremo il lievito oppure un altro acido (come il succo di limone, aceto, yogurt, ecc…) per permettere la reazione col bicarbonato!
Le percentuali del cacao
Cosa indica la dicitura “cacao 22-24%”?
Quando si estrae il burro di cacao, la percentuale che residua nella polvere è pari a circa il 22-24%. Ha un tipico colore bruno-rossastro e questo è il miglior cacao che si può acquistare per fare dolci!
Troviamo anche cacao con altre percentuali. Per esempio col 20-22% utilizzato anche in gelateria, per prodotti dolciari in genere o a base di latte. Quello che viene chiamato “cacao magro” è il cacao con una percentuale di burro di cacao inferiore al 20% e si ottiene riducendo ulteriormente la parte grassa. Per questo motivo sarà più solubile del cacao al 22-24% ma meno pregiato. Un’accortezza da usare, quando si sceglie di adoperare il cacao magro, è quella di leggere sempre l’etichetta per evitare di ritrovarsi un cacao con l’aggiunta di farina, farina di castagne, di ghiande o polvere di caffè.
A questo punto, si può procedere con la creazione del cioccolato. La procedura è chiamata concaggio e serve a disperdere le sostanze secche del cacao e dello zucchero e abbassare l’acidità. Può avvenire in due modi:
- miscelando la pasta di cacao con lo zucchero;
- miscelando il cacao col burro di cacao e unendo lo zucchero.
Si aggiungono poi altri ingredienti quali aromi, frutta secca o latte. Infine, si procede col temperaggio.
Le percentuali sulle etichette
Cosa significa la percentuale che leggiamo sulle tavolette di cioccolato “50-55%”, “70%”?
Significa semplicemente che in quella tavoletta, per 100 gr, ci sarà la percentuale indicata in massa di cacao e il resto sarà zucchero. Quindi in una tavoletta al 70% di cacao su 100 gr, avremo 70 gr di massa di cacao e 30 gr di zucchero.
Cos’è il surrogato di cioccolato?
Purtroppo nelle etichette leggiamo tante volte che tra gli ingredienti è presente il surrogato. Questo non è nient’altro che lo scarto della lavorazione del cioccolato, dove possiamo trovare almeno il 65% di zucchero. Molto più economico ma sicuramente meno buono e meno sano!
Posso sostituire la farina con il cacao in polvere?”
Arriviamo alla classica domanda “Posso sostituire la farina con il cacao in polvere?”
Sì ma bisogna prestare molta attenzione perché il cacao ha la capacità di assorbire molta più acqua della farina, (circa 5 volte in più) per cui tenderà a far seccare prima il prodotto cotto. Per questo ne sostituiremo massimo il 15%.
Quindi, su 100 gr di farina avremo 70 gr di farina e 15 gr di cacao. Mentre per avere un bel color cacao e poterne apprezzare il gusto, dovremmo avere almeno un 3% di cacao nel peso totale.
Inoltre, se stiamo preparando una massa montata, va setacciato con la farina e gli amidi per separare i granuli e areare il prodotto. Questo ci permetterà di incorporare più aria, necessaria alla lievitazione di una massa montata, ed evitare la formazione di grumi.
Il cacao e le creme
Quando, invece, lo usiamo per una crema e vogliamo usarlo nel latte (nella panna o nell’acqua) dobbiamo prestare un attimo di attenzione perché è idrofobo. Cosa significa?
Avete mai notato che, mettendo il cacao in polvere nel latte freddo, si formano i grumi, resta una parte della polvere in superficie e non si scioglie bene? Questo accade perché il cacao è idrorepellente ed ecco perché ha difficoltà a sciogliersi nei liquidi. Un piccolo trucco è quello di sciogliere il cacao in una tazzina con un po’ di latte o acqua, formando una massa compatta. Così le particelle del cacao si distribuiscono nel latte e riusciremo a scioglierlo facilmente in un liquido caldo.
Per ovviare a questo effetto, alcuni produttori aggiungono al cacao un emulsionante, in genere la lecitina di soia, in modo tale che la polvere si sciolga facilmente anche nei liquidi freddi.
Questo non vuol dire che ogni volta che volete fare una crema pasticcera al cacao, o una glassa che preveda acqua, panna e cacao dovrete per forza creare prima il composto nella tazzina! Ma abbiate cura di inserire il cacao nel liquido scaldato o preparatevi a mescolare un po’!
Articolo in collaborazione con Ilda Ipsa